Bisogna avere il caos dentro di sè per generare una stella danzante (F. Nietsche)







martedì 23 ottobre 2012

La violenza maschile sulle donne: un problema anche culturale



Cos’è il femminile? – Scrive Linda Scherse Leonard ( “La donna ferita”; ed.Astrolabio) – Secondo la mia esperienza – continua la Leonard – questa è una domanda che proprio adesso le donne si stanno ponendo. Stanno cercando, parlando l’una con l’altra, sforzandosi di dare un’articolazione alle loro esperienze.
Molte donne sentono e vivono il femminile ma non hanno le parole per esprimerlo, perché il nostro linguaggio ed i nostri concetti sono stati basati su modelli maschili”. Per Clarissa Pinkola Estés è possibile entrare in contatto con il femminile recuperando la dimensione della donna selvaggia, o de la mujer grande, la Luz del  Abyss, la Loba, la Huersera, è un logos o conoscenza dell’anima, è Colei che Sa.

Entrare in contatto con il femminile è una risorsa preziosa per tutte le donne.

La psiche femminile ha subito una sorta di "deportazione" millenni fa. La cultura patriarcale l'ha confinata in un territorio dove ha perduto il proprio linguaggio originario e il contatto profondo con il proprio sentire autentico che non ha più potuto essere manifestato o espresso per convenzioni sociali, leggi  repressive e sanzioni anche  feroci. 

Le donne hanno sviluppato per adattamento, una attitudine alla negazione di sè stesse che le espone  al rischio di incontrare e vivere relazioni sentimentali e affettive che le inaridiscono quando addirittura non minano o violano  la loro integrità psicologica o fisica.

La mia esperienza di lavoro con le donne vittime della violenza maschile è cominciato nel 1991 , nei centri antiviolenza.  In base ai dati statistici dei centri che si occupano di sostegno ed aiuto alle donne vittime di violenza: il 78% delle violenze subite dalle donne adulte avviene in ambito familiare ad opera di un familiare ed è trasversale a tutte le classi sociali e le culture.
Alla base della violenza oltre a problematiche psicologiche degli autori della violenza, ci sono altri elementi come la disparità di potere che ancora oggi esiste tra  uomini e donne, e la svalorizzazione delle donne.

Il compito delle operatrici che lavorano nei centri antiviolenza, è quello di sostenere le donne durante un percorso di allontanamento da un partner maltrattante e di interruzione di relazioni violente. Tale allontanamento può avvenire con la  decisione della donna di separarsi dal partner  o nei casi peggiori, se esiste un forte rischio per l’incolumità della donna,  con l’ospitalità per sé o i propri figli/e in strutture protette chiamate “case rifugio”. Il rischio di un aumento dell’intensità e della gravità delle violenze aumenta in maniera esponenziale quando una donna vittima di violenza decide di lasciare il partner.

Le difficoltà di interrompere relazioni violente sono legate quindi, non solo a dinamiche interiori delle donne, ma anche ad un reale e concreto pericolo di vita delle donne, ancora non sufficientemente protette dalla società e dalle istituzioni. Credo che il mito di Persefone possa far riflettere: il rapimento della fanciulla da parte di Ade è reso possibile dalla condiscendenza di Zeus (padre di Persefone) che né si oppone, né interviene alla liberazione della figlia nonostante sia invocato in aiuto. Zeus interverrà ma solo dopo che Demetra avrà minacciato di inaridire la terra.

 Quante volte la richiesta di aiuto delle donne che subiscono violenza resta inascoltata?
Nel mondo occidentale la violenza alle donne è stata addirittura codificata: basti pensare al “diritto di correzione” che il marito aveva sulla moglie, e quindi alla facoltà di picchiare la moglie per “educarla”; o al delitto d’onore che prevedeva una condanna a pochi anni di carcere per l’uomo che assassinava una donna della famiglia per averne infangato l’onore: questa legge è  stata abolito nel 1981. Ancora oggi ci sono Paesi dove la violenza alle donne è  addirittura codificata e legittimata, in altri la violenza alle donne è estremamente tollerata.

Nei Paesi occidentali e quindi nella nostra cultura e società, la violenza alle donne è un reato ma  troppo spesso è  ancora giustificata, ignorata, non vista, e le grida di invocazione di aiuto di molte donne vittime di violenza restano inascoltate; ancora oggi mancano leggi efficaci che controllino e blocchino le violenze degli autori del maltrattamento. In particolare ci sono lacune nel lavoro di rete tra forze dell'ordine, servizi sociali, e luoghi di sostegno e assolto alle vittime. La Convenzione del Consiglio d'Europa firmata alla fine dello scorso settembre  dall'Italia, contiene direttive e protocolli che se adottati   potrebbero aiutare con efficacia le vittime. Si auspica una ratifica della Convenzione in tempi brevi per cominciare a superare il problema della violenza sulle donne. . Ma questo traguardo, pur in un momento di forte svelamento  del problema della violenza alle donne, è ancora lontano  dall’essere raggiunto. Solamente la Spagna, prima in Europa (e forse nel mondo) ha varato leggi contro la violenza di genere.

Quali siano le origini del comportamento violento dei maltrattanti? In Italia sono sorti recentemente i Cam (Centro ascolto uomini maltrattanti)  che si occupano di uomini che agiscono violenze o maltrattamenti.

Alla base ci possono essere esperienze dolorose e traumatiche nell’infanzia, ma anche negli uomini agiscono anche altre forze e cause radicate nella costruzione della propria identità di genere.

Nel film Il collezionista (Kiss the girls titolo originale – 1997), Morgan Freeman interpreta un criminologo che traccia i profili psicologici dei serial killer e si trova a dare la caccia al collezionista, un assassino seriale che rapisce, violenta e poi uccide donne di grande talento artistico o affermate professionalmente (di nuovo un predatore!); nella scena finale il criminologo e il serial killer si affrontano. Il serial killer rivela : “Vuoi la verità? Guardi una donna come Kate e pensi, devo averla, devo farla cedere, è l’aspetto più animalesco di te, scava dentro di te e lo incontrerai, è orrendo” “Talvolta l’ho incontrato” risponde il criminologo.

 Una donna può scegliere (e sarebbe opportuno lo faccia) di elaborare il trauma della violenza subìta con  una psicoterapia, e di rivolgersi ad un centro antiviolenza  per interrompere  una  relazione violenta oppure può intraprendenre  un percorso di counseling.

 Non è un percorso facile, né immediato e l’esperienza presso il centro costituisce solo il primo, piccolo passo. Ricordo ancora a distanza di anni l’esempio che una donna fece durante un colloquio per spiegarmi come si sentiva in quel momento della sua vita:
Mi sento come  una nave che ha fatto naufragio schiantandosi contro degli scogli, dopo aver perso la rotta, ed essersi imbattuta in un tifone. Una nave con un carico prezioso, un tesoro, che è colato a picco in fondo al mare. Un tesoro che posso recuperare, devo solo imparare a respirare.

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